grazie pinù ♡
ogni volta che penso a quanto è stato importante per la mia adolescenza mi si fa un nodo alla gola, le sue canzoni piene di rabbia, note deliziose, gioia, ribellione, protesta hanno contribuito a farmi diventare quello che sono, m’ha insegnato il blues, il dialetto napoletano e ‘a vogl r’alluccà.
oggi la metropolitana di napoli (stazioni e treni) suona a profusione i suoi classici, brividi inevitabili quando tutti i presenti cominciano a cantare. ieri anche la stazione di roma trasmetteva le sue pietre miliari, questo spiega quanto era amato.
che artista “uagliù” che ci ha lasciato ☹
in questo live (pescara 1980) risponde a un’offesa del deficiente di turno gli urla un commento razzista «impara a parlare!» e lui conta due secondi e se ne esce con una battuta pronta da vero scugnizzo “..l’importante è sape’ súna!”
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“Passa ‘o tiempo e cch fa,
tutto cresce e se ne va,
passa ‘o tiemp e nun vuò bene cchiù
voglio ‘o sole pe’ m’asciuttà,
voglio n’ora pe’ m’arricurdà.
Alleria, pe’ ‘nu mument te vuò scurdà
che hai bisogno d’alleria,
quant’e sufferto ‘o ssape sulo Dio.
E saglie ‘a voglia d’alluccà,
ca nun c’azzicche niente tu,
vulive sulamente dà
ma l’alleria se ne va…
Passa ‘o tiemp e che fa se la mia voce cambierà,
passa ‘o tiemp e nun te cride cchiù,
e ti resta solo quello che non vuoi e non ti aspetti niente
perchè lo sai che passa ‘o tiempo
ma tu non cresci mai….
E saglie ‘a voglia d’alluccà,
ca nun c’azzicche niente tu,
vulive sulamente dà
ma l’alleria se ne va.”
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sono state spese tante parole per la sua perdita e molti hanno anche azzuppato.
le parole di lorenzo jovanotti sono quelle che mi hanno emozionato, da lacrima.
ne riporto qualche pezzo:
“Con Pino mi accadeva un fenomeno inspiegabile, dopo qualche minuto che stavo con lui mi veniva un accento un po’ napoletano. Sul serio, se ci passavo una giornata poi a fine cena mi ritrovavo a usare espressioni tipo “uè” o perfino “guagliò”. Era un influsso che lui aveva, pinodanielizzava l’atmosfera. Lo faceva con la musica ma se ci penso bene lo faceva proprio con tutto se stesso che era tutto un se stesso fatto solo di musica. Ho tante ore di “volo” a bordo dell’astronave PinoDaniele, decolli atterraggi vuoti d’aria turbolenze ma soprattutto ore di vita e di musica indimenticabili iniziate molto prima di conoscerlo…
Conservo il ricordo della giornata di Napoli, allo stadio San Paolo, 13 giugno 1994. Era il suo ritorno a Napoli dopo tanti anni senza esibirsi nella sua città, e io e “Ramazza” (è così che gli amici chiamano Eros) lo avremmo accompagnato in quella che per lui e per i napoletani era la cosa più importante del mondo.
Inoltre da pochi giorni era morto Massimo Troisi e la cosa aveva caricato quella giornata di un’emozione ancora più forte e aveva avvolto Pino in una nuvola di pensieri che rimanevano tra se e se. Pino era agitato, silenzioso, ogni tanto sdrammatizzava con una battuta ma quel concerto per lui era molto più di un concerto. La città era in attesa, i biglietti introvabili, nessuno a Napoli sapeva dove alloggiava Pino, e si temeva che se fosse entrato anche con un blindato nello stadio ci sarebbero stati dei rischi di ordine pubblico là fuori, per il troppo amore dei fans. Così lui entrò nello stadio all’alba, mentre la città dormiva ancora, arrivando da Roma, e rimase in camerino per tutta la giornata senza che nessuno lo venisse a sapere, tranne noi e pochi intimi.
Quel giorno ero uno dei tre ammessi nel suo camerino e parlammo di tutto meno che di quello che stava per succedere. Come sempre Pino sdrammatizzava, lo ha sempre fatto quando si trattava di avere a che fare con il mito che era diventato.
Quando uscimmo sul palco ce l’avevo accanto e guardando lo stadio assistetti alla più grande dimostrazione di amore di un popolo verso un artista che lo rappresenta, qualcosa di veramente storico, mai vista prima e mai più vista una cosa del genere. Una cosa che non dimenticherò mai.
Quella Napoli si riconosceva in Pino Daniele, l’artista che aveva saputo valorizzarla non attraverso le sue maschere ma partendo dalla realtà e dalla poesia, l’uomo che l’aveva liberata dagli stereotipi, che l’aveva portata nella modernità senza perderci in cultura e in umanità. Pino Daniele è per Napoli quello che Bob Marley è per la Jamaica, ma siccome i napoletani sono napoletani e Napoli è Napoli, tutto è amplificato, tutto è più grande più complesso più rumoroso più infuocato più indescrivibile a parole…
Che musicista incredibile che è stato Pino. Aveva i denti grandi, da uomo di Neandertal, e un fisico possente quasi da neonato gigante, con il torace da buttafuori segnato da una cicatrice proprio in mezzo, incline alle belle mangiate specialmente quando la parola “fritto” accompagna la descrizione della pietanza, ma con la chitarra sapeva essere di una leggerezza che io ho visto solo nelle farfalle. Per lui era IMPOSSIBILE, credetemi, IMPOSSIBILE, produrre una sequenza di note che non fosse bellissima, quando si metteva lì a improvvisare. Studiava sempre la chitarra, non ha mai smesso di studiarla, di accarezzarla, di farci ballare le sue dita sulle punte o di prenderla a pugni. Quando aveva la chitarra in braccio si completava una figura che non lasciava entrare dentro nient’altro, un equilibrio cosmico, il simbolo di una croce, non sto esagerando, senza la sua chitarra in braccio Pino era incompleto. E di quel suo falsetto naturale che usciva da quelle grandi ossa, ne vogliamo parlare? E i testi di moltissime sue canzoni? non so, mi viene in mente “putesse essere allero’” . Su quella canzone ci ho imparato un po’ di napoletano ma anche cosa può fare l’arte poetica nella cultura popolare…
La sua musica quando ero al liceo mi ha liberato e illuminato, e da grande la sua amicizia mi ha fatto diventare un musicista, mi ha fatto credere nelle mie potenzialità e nella possibilità di migliorarmi.
Era da un po’ di tempo che non ci sentivamo, a settembre scorso mi aveva chiesto di essere tra i suoi ospiti all’arena di Verona ma io ero lontanissimo e non ci siamo potuti organizzare. L’altra notte a capodanno ho acceso la TV e l’ho visto su Rai Uno che cantava e ho pensato che avrei voluto chiamarlo e che l’avrei fatto nei prossimi giorni, ciao Pì come stai? e vediamoci una volta! è troppo che non ci facciamo una chiacchierata! Poi stamattina mi sono svegliato e ho trovato un sms di Ramazza che mi diceva “è morto Pino fratè, sono sconvolto”.
Pino Daniele è stato un artista enorme, un vero gigante, e il tempo non farà altro che consolidare questa sua immensa importanza per la musica e per la cultura dei nostro paese.
Napoli perde il suo figlio musicista più grande del dopoguerra, senza nessun dubbio, e uno dei più grandi di tutti i tempi, ne sono del tutto sicuro.”
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